COSA FARE QUANDO SUBENTRA LA NOIA SPORTIVA?

Uno dei maggiori ostacoli al successo è la noia. Molti nostri ragazzi avrebbero voglia di terminare presto una sessione di allenamento non per quanto sia fisicamente difficile, ma per quanto sia noioso. Siamo onesti, ripetere gli stessi esercizi più e più volte può essere noioso. Tuttavia, imparare a tollerare la noia e trovare modi per rendere l’allenamento più stimolante è la chiave per poter crescere e migliorare. Questo aspetto vale nello sport come nella vita di tutti i giorni!
Nei primi anni di attività, in quella che io definisco fase di avvicinamento e avviamento allo sport, è fondamentale “non annoiare”, dato che si presume che il fine ultimo sia quello di divertirsi, niente più; non ci sono infatti particolari pressioni o obiettivi, ma l’allenatore dovrebbe lavorare solamente nel proporre situazioni sempre nuove e stimolanti ed allestire un ambiente piacevole, nonché puntare fortemente sul movimento e sul gioco di squadra.
Pian piano che si avanza con l’età, a fronte di una programmazione definita dall’inizio, inizia l’insegnamento vero e proprio dei precetti della disciplina, tra i quali la tecnica di gioco e i fondamentali, tramite lo sviluppo e il miglioramento degli schemi motori di base e delle capacità motorie coordinative e condizionali: si inizia a lavorare sulla coordinazione, sull’equilibrio, sulla concentrazione e sulla precisione. In questo particolare momento possono iniziare le prime avvisaglie di noia, ma è cura dell’allenatore porre rimedio. Come? Seguendo la pianificazione delle attività e relativi obiettivi da raggiungere, l’allenatore deve essere in grado di proporre situazioni di gioco sempre nuove e fresche, variando anche l’ambiente di allenamento se necessario; deve essere in grado di presentare in maniera creativa le attività , senza intaccare la loro funzionalità e riducendo la monotonia; può trasformare gli esercizi in giochi o competizioni tra allievi; può rendere gli esercizi sempre più impegnativi e difficili, una sorta di sfida da lanciare all’allievo che sarà più motivato nello svolgimento; proporre esercizi a coppia o in gruppo per incentivare il lavoro di squadra; cosa più importante è il suo atteggiamento: sempre positivo ed energico!
È così facile fronteggiare la noia? Non proprio. È nella fase di specializzazione e iper-specializzazione che essa è difficilmente interpretabile.
Se l’allenatore ha seguito efficacemente il percorso di crescita dei propri ragazzi, programmando le varie fasi dall’avviamento all’insegnamento sino alla specializzazione, ora l’attenzione particolare viene rivolta alla componente strategica, al lavoro di gruppo, alla regolazione delle emozioni e alle prime informazioni circa l’allenamento mentale. È la fase che interessa i 14/15 anni circa, prima del perfezionamento sportivo in termini di stabilizzazione delle massime prestazioni fisiche e mentali. È chiaro che si tratta di una fase molto delicata, nella quale gli allenamenti non possono essere mirati puramente al divertimento.
Ora serve alzare l’asticella, spingersi in avanti per capire realmente se vogliamo praticare lo sport da atleti. Mi dispiace informarvi di questo.
E questo non significa non divertirsi più, anzi se si lavora bene e rispettando la pianificazione del lavoro c’è spazio anche per il divertimento. Ci si diverte se si lavora bene e lavorando bene ci si diverte anche perché si vince.
Si possono comunque creare situazioni piacevoli se allenatore e allievo sono disposti a collaborare instaurando un legame di fiducia solido, legame che dovrebbe in questo caso andare “oltre il campo di gioco”.
Definirei quindi la noia come una presa di coscienza o uno stato d’animo relativo ad un preciso momento del processo di crescita sportiva, da non sottovalutare, ma che un allievo deve condividere e approfondire con il suo mentore. Forse è semplicemente l’ora di prendere una direzione e fare una scelta: dentro o fuori. Praticare lo sport inziando a comportarsi da atleta oppure cambiare rotta.
L’allenatore deve conoscere il percorso del proprio allievo ed avere già sviluppato un programma a lungo termine e deve saper dare le giuste risposte nel momento in cui si presenterà questa difficoltà, definendo degli obiettivi raggiungibili, concreti e misurabili e la reale speranza che ha il suo allievo di emergere da qui in avanti, in totale sincerità.
Deve iniziare a venir fuori, a questa età, il senso di responsabilità e consapevolezza del proprio futuro. Tutto questo avviene grazie al supporto del mentore, ragione per il quale l’allievo non deve mai sentirsi solo, ma vuole e deve essere accompagnato da una persona positiva, energica e di fiducia!
Caro ragazzo, in alcuni casi dobbiamo fare ricorso al nostro senso del dovere. Potrebbe non essere divertente fare ciò che si è chiamati a fare, ma la disciplina mentale è quel processo di pensiero che ti porta a farlo comunque cercando di immaginare quali possano essere gli effetti positivi che si percepiranno dopo essersi sforzati di farlo.
Comprendiamo che non tutte le parti dell’allenamento devono essere divertenti. Ci saranno parti dell’allenamento che saranno noiose. Bisogna accettarlo e prendere sia il buono che il cattivo.
L’allenatore deve essere bravo a coltivare nell’allievo la motivazione intrinseca e fargli imparare ad amare lo sport fine a se stesso. Per fare questo, occorre pensare positivo e cercare di godersi ogni parte dell’allenamento il più possibile. Ragazzo, smettila di lamentarti di quanto sia noioso. Concentrati sugli aspetti positivi e disciplina la tua mente per rimanere concentrata sul compito da svolgere in modo da poter entrare in uno stato di “flusso”. Ricorda, più sei mentalmente impegnato, più sarà divertente. Amare è un verbo. Devi lavorare per amare il tuo sport.
E sappi che forse non potrà essere questa la tua strada, ma non abbatterti. C’è tempo per tutto.

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