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LA VITTORIA E’ DIRETTAMENTE PROPORZIONALE ALL’ESPERIENZA
C’è sempre da migliorare! Bisogna imparare a perdere! Bisogna che ti alleni di più!
Sembrano delle frasi fatte, banali e dette la maggior parte delle volte così, tanto per dire, da qualcuno che non ha piena coscienza di ciò che sta dicendo e che nemmeno il ragazzo, il più delle volte, comprende.
Sei bravo hai tempo per vincere! Questa è la più significativa. Cosa significa in questa affermazione la parola “tempo”? Chi decide nello sport quanto tempo occorre prima di vedere il realizzarsi di un risultato importante, una vittoria?
Cosa significa però “imparare a perdere?”
Ci sono tre elementi imprescindibili da tenere in considerazione, i quali sono tra loro legati da un termine: ESPERIENZA, il “toccare la realtà”.
1. Allenamento tecnico e strategico. Senza la giusta dose di allenamento non si va da nessuna parte. Sessioni programmate, grande forza di volontà, individuazione degli obiettivi e monitoraggio continuo.Errore, sconfitta, consapevolezza dell’errore, correzione, ripetizione della correzione, assimilazione, messa in pratica, risultato positivo, strategia vincente. Questo significa imparare dell’errore e dalla sconfitta: un continuo miglioramento e una integrazione del proprio bagaglio tecnico.
Non bisogna quindi “evitare” a prescindere l’errore, ma toccarlo, osservarlo con occhio clinico per capire il perché si è presentato e solo poi come possiamo evitarlo. Sarebbe facile per un allenatore dire “devi imprimere più forza al lancio” oppure “devi mettere la boccia a fondo campo”. Ma perché devo? Non puoi spiegarmi il perché?
2. Partecipazione alle competizioni ufficiali per confrontarsi con i propri pari, verificare la preparazione, scoprire le proprie emozioni in una cornice diversa da quella quotidiana, imparare a gestire l’ansia, la timidezza e la paura, adattarsi ad ambienti e situazioni del tutto nuove e diverse. Gareggiare significa maturare esperienza. Solo attraverso il confronto diretto con gli avversari, con il ripetersi di situazioni di gioco, tattiche, con il ripetersi anche di stati emotivi e delle relative risposte che mettiamo in atto, possiamo sviluppare la capacità di problem solving e di resilienza, ossia la capacità di adattarsi a situazioni sempre nuove e che richiedono condizioni diverse di adattamento rispetto alla normalità e la capacità di trovare soluzioni a diverse problematiche. Questa è esperienza. Capire dove gli altri sono più bravi di noi, i loro difetti e i loro punti di forza, capire quando e come riusciamo a mettere in difficoltà l’avversario e farla diventare una strategia vincente. Gareggiare serve inoltre ad imparare a conoscere e adattarsi a diverse tipologie di superfici o terreni, diversi da quello su cui siamo abituati ad allenarci tutti i giorni. Anche questa è esperienza.
3. Mentoring. L’atleta non può da solo “fare esperienza”. L’allenatore non conosce in principio le risposte ai bisogni del ragazzo, ma operano insieme, tracciando la strada per il successo. Il mentore è qualcuno che accompagna il ragazzo con il suo pensiero critico e partecipe, il cui scopo è proprio quello di farlo crescere dal punto di vista professionale e umano: sa vederlo come lui non sa fare, conosce i suoi limiti e invita, proprio per questo, ad affrontarli e superarli.
Il mentore è colui che prende sotto la sua ala e insegna cose sul campo, non stando su una cattedra ma accanto al ragazzo. Il mentore segue i suoi passi e spesso dà consigli, osserva, discute e poi sa lasciare soli con le proprie responsabilità e le proprie scelte. Non è semplicemente un amico, di amici ne abbiamo tutti e magari anche molti: l’apporto prezioso del mentore è spesso dato dall’esperienza, dalla saggezza che viene dalla lunga conoscenza del settore specifico del mondo dello sport e soprattutto dalla conoscenza della natura umana. Un mentore è colui che sa conversare e condividere, che fa della carriera non un monologo, ma un dialogo che apre spazio per qualcosa che stando da soli non si aprirebbe: l’umiltà e l’ironia necessarie a vedersi con più chiarezza, cruciali per mantenere una serenità di fondo davanti ai successi e agli ostacoli.
Non bisogna affrettare un processo, che di per sé è naturale. Il tempo è il peggiore nemico dell’uomo, il quale vuole tutto e subito. Occorre la pazienza, la costanza e la consapevolezza di dover necessariamente perdere e soffrire. Questa è la strada per la vittoria.
Luca
AMBIZIONE GENITORIALE E IMPORTANZA DELLA SCONFITTA
Cari genitori, vi siete mai chiesti perché vostro figlio decide di praticare un determinato sport? Avete mai provato a chiedergli perché gli piace? Sono certo che la maggior parte di voi risponderà di no, anzi alcuni si sentiranno in colpa per aver imposto al loro figlio di praticare un determinato sport. Cosa vi aspettate da vostro figlio? Ma soprattutto cosa significa per voi lo sport? Ne avete mai praticato uno?
È importante possedere quella che definiamo “cultura sportiva”. Solo attraverso essa riusciamo a comprendere l’importanza dello sport quale strumento di crescita personale, da un punto di vista non solo sportivo ma soprattutto umano, educativo, valoriale, comunitario, sociale.
È importante far capire che all’interno della cornice sportiva esistono professionisti e allenatori qualificati. Vostro figlio è in buone mani. Lasciate svolgere all’allenatore il suo lavoro, perché di lavoro si tratta, il più delle volte sottopagato o nemmeno pagato, nonostante si occupi di un compito molto importante: la crescita del ragazzo. Non mischiatevi in questioni che non vi appartengono, perché non siete competenti. Sostenete piuttosto vostro figlio nelle decisioni importanti e condividete insieme le varie esperienze prima e dopo ogni allenamento o competizione. Guardate vostro figlio, è soddisfatto? È felice? È ansioso? È triste?
Il processo per diventare un campione è molto lungo, anzi forse irraggiungibile. Educate vostro figlio a saper perdere prima di vincere, perché solamente mostrando lui le due facce dello sport, vittoria e sconfitta, lo state veramente aiutando. Prima di imparare a vincere occorre imparare a saper perdere per acquisire esperienza e per correggere gli errori. Non esistono le macchine umane. Esistono però esseri umani che lavorano tutti i giorni per esprimere il potenziale interno. La sconfitta fa parte della vita ed è necessaria e inevitabile nel processo di crescita sportiva di tutti gli atleti. Chiedete a Michael Jordan. Chiedete a Marcell Jacobs. Chiedete a Roberto Baggio. Chiedete a chiunque. Ma cercate di accompagnare vostro figlio nelle scelte, con umiltà e saggezza, senza preservarlo dalle esperienze negative, spronandolo nelle sue decisioni. Il vincente è colui che non ha paura delle strade tortuose, le affronta, piange, soffre, trova soluzioni per oltrepassarle. Il vincente è colui che ha perso e nella sconfitta ha trovato la forza di rialzarsi.
Conoscere i propri limiti ed esperire eventi negativi in età infantile è importante per evitare l’insorgere di problematiche ben più complesse in età adolescenziale e adulta. Infatti in questo modo viene data al ragazzo la chiara visione di quelli che sono l’oggettivo e il normale funzionamento della vita, ossia che non è tutto rose e fiori e che occorre lavorare duramente tutti i giorni per diventare quello che vogliamo.
Vivere esperienze negative, inoltre, significa apprezzare maggiormente da grandi anche le piccole cose. Non è importante vincere subito, l’importante è capire il perché si è sbagliato e come poter trovare una soluzione all’errore. Intelligenza e capacità critica. Coscienza e capacità di problem solving. Sono questi gli ingredienti dei quali hanno bisogni i nostri ragazzi. Voi, genitori, ricordatevi tre concetti: dialogo, attenzione come cura ed estraneità durante l’atto sportivo, cioè siete genitori, non allenatori. Fate i genitori. Già questo sarebbe metà dell’opera.
LA SPECIALIZZAZIONE NELLA BOCCIATA DI RAFFA
La bocciata è uno dei due fondamentali del gioco delle bocce. Essa, nella fase di avviamento allo sport, viene presentata e proposta attraverso varie tipologie di giochi basati sull’apprendimento dei concetti di direzionalità del tiro, intensità di tiro e “parabolica”. Compito poi dell’istruttore per le prime volte è inserire tutti quei presupposti motori alla base del corretto movimento come la coordinazione oculo-manuale-podalica, la giusta presa della boccia e la velocità di rincorsa.
Luca
Una volta terminata la fase di avvicinamento al gioco, inizierà quella che io chiamo “fase di specializzazione tecnica“, integrata successivamente da un’ulteriore fase di presa di coscienza, da parte dell’allievo, della componente strategica/tattica.
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L’EDUCAZIONE MOTORIA, ASPETTO ESSENZIALE PER LA PRATICA DELLE BOCCE
Come già accennato in altre occasioni, lo scopo di questa lettura non è formare fisioterapisti, preparatori atletici o insegnanti di educazione fisica, che comunque sono figure di riferimento per la nostra disciplina, ma quello di diffondere un nuovo modo di pensare le bocce, non più come semplice gioco, ma come disciplina sportiva, la quale presuppone una preparazione fisica importante e al pari degli altri sport maggiori in termini di qualità e impegno.
Luca
L’educazione motoria, e il movimento in generale, è materia alquanto oscura nel mondo sportivo boccistico. Molte volte avrete sentito parlare di coordinazione ed equilibrio, ma forse nessuno vi ha mai insegnato in pratica ad allenarli. Se avete in mente di iniziare una scuola bocce, vi invito ad inserire nella vostra programmazione questi 100 esercizi pratici per allenare la resistenza, la coordinazione, la mobilità articolare, l’equilibrio e la potenza fisica. Cercate di farvi affiancare da un preparatore atletico qualificato che sappia spiegare ai vostri ragazzi l’importanza e i benefici di una specifica attività. Buona formazione!
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PER ALLENARE OCCORRE ESSERE EDUCATORE
Educatore si è per tutta la vita. L’educatore è un modo d’essere.
Luca
La parola educatore, per come la intendo io, è inteso come traghettatore, condottiero, amico del giovane ancora acerbo, verso una nuova consapevolezza di sé e delle proprie risorse interne, attraverso l’instaurazione di una relazione empatica di spinta verso l’autonomia in un continuo stato di interessamento, passione, fiducia e reciprocità.
Empatia = Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro.
Fonte: Enciclopedia Treccani
Qui di seguito, scaricando il file PDF, avrai accesso ad una importante lettura dal contenuto altamente formativo, al termine del quale possiederai le competenze base per essere un buon Educatore Sportivo. Buona lettura!
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LA SPECIALIZZAZIONE NELL’ACCOSTO
L’accosto è uno dei due fondamentali del gioco delle bocce. Esso, nella fase di avviamento allo sport, viene presentato e allenato attraverso varie tipologie di giochi basati sull’apprendimento dei concetti di intensità di lancio e direzionalità della boccia. Compito poi dell’istruttore, soprattutto nei primi tempi, è inserire tutti quei presupposti motori alla base del corretto movimento come l’equilibrio statico e dinamico e la coordinazione oculo-manuale-podalica.
Luca
Una volta terminata la fase di avvicinamento al gioco, inizierà quella che io chiamo “fase di specializzazione tecnica“, integrata successivamente da un’ulteriore fase di presa di coscienza, da parte dell’allievo, della componente strategica/tattica.
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MI METTO A NUDO
L’arrivo della primavera ha un duplice effetto su di me: da una parte mi induce uno stato di debolezza fisica e tanto sonno, tanto che sto avendo difficoltà anche nel portare a termine piccole attività quotidiane, dall’altra parte è un momento a me caro in quanto la rinascita della natura, in ogni sua parte, mi inietta un grande spirito di fiducia per il futuro prossimo. Risulta anche vero che di primavere “buie” ne ho passate tante. Ed è proprio oggi e attraverso questo blog che ho deciso di mettermi a nudo e di raccontarvi in breve la battaglia che sto combattendo da molti anni.
Era una comune mattinata primaverile del 2015. Qualcosa non va, pensai subito. Versavo in uno stato di totale derealizzazione, che per chi non conoscesse il termine significa non essere più capaci di comprendere la realtà, con sintomi simili alle vertigini, mal di testa, un senso di stordimento e ansia incontrollata. In quel preciso istante, se avessi avuto gli strumenti necessari per interpretare e correggere eventualmente quella sintomatologia, come li ho ora, probabilmente la mia vita sarebbe stata diversa, o per lo meno migliore. Ero probabilmente caduto nel vortice di una sindrome pseudo depressiva, la quale ancora oggi fa paura e fa paura soprattutto raccontarla a qualcuno, perché si ha timore di essere giudicati o etichettati con termini come “inadeguato”, “asociale”, “problematico”. La sindrome depressiva o il disturbo d’ansia grave non deve essere considerato un ostacolo, ma una grande opportunità di crescita. Io personalmente l’ho capito molti anni dopo attraverso un percorso che mi ha portato a scavare nei meandri della mia psiche e del mio inconscio, a ricercare nel passato degli eventi o delle situazioni che hanno inciso profondamente col mio trascorso vitale. Ho avuto paura, lo ammetto. Paura di non farcela. Ma non ho mai pensato di mollare, nemmeno un minuto.
Non dovete vivere a caso. Ho iniziato sin da subito a studiare tutta la mia vita, i miei obiettivi, la mia mission, i miei valori, i rapporti sociali, lo sport, il lavoro e cercavo contemporaneamente di capire e interpretate i miei stati emotivi. Col tempo ho iniziato a praticare nuove attività, a confrontarmi con gente positiva, a trascorrere giornate intere meditando all’aria aperta. Ho iniziato a correre. Ho cercato di ritrovare la mia anima attraverso i ricordi puri dell’infanzia. Insomma, ho cercato di fare chiarezza su ciò che ero stato da bambino, su ciò che ero e su ciò che realmente avrei voluto essere. Ho iniziato a curarmi delle relazioni con gli altri sotto un altro punto di vista. Mi sono buttato in scelte di vita che mai mi sarei aspettato di fare. Insomma, ho cercato sempre di rimanere a galla nonostante la mia mente tendeva a spegnersi e a rimanere nella sua zona comfort facendomi affogare con essa. Ho dato una chiara impostazione alla mia vita. Ho iniziato a leggere libri sulla crescita personale e altri argomenti. Ho cercato nelle storie degli altri un rimando alla mia storia. Ho cercato nelle situazioni lavorative e sportive di trovare me stesso, nella pienezza e nella completezza.
Non dovete avere debiti di riconoscenza. Non dobbiamo nulla a nessuno. Possiamo fare qualcosa sì, ma qualcosa che non ci faccia sentire perennemente in debito: non siamo nati per fare del bene agli altri, ma per realizzare noi stessi. Dobbiamo sempre avere rispetto per chi ci troviamo davanti. Ma la cosa realmente importante è avere una mission chiara, degli obiettivi precisi da raggiungere. E se non li abbiamo dobbiamo trovarli e imporceli. Siamo nati per sperimentare la felicità e dobbiamo farlo con coraggio e determinazione. La difficoltà nasce sempre nel momento in cui creiamo un ostacolo nella nostra mente in risposta ad un pensiero o ad una situazione. Io incolpo i miei genitori di avermi ostacolato in molte scelte e li ringrazio per avermene concesse molte altre. Ma non perché sono i miei genitori debbo avere un certo debito di riconoscenza. Sono i miei genitori, basta questo. Vorrò loro sempre bene. Li accudirò quando sarà necessario. Ma non fanno parte delle scelte della mia vita.
Non paragonate mai la vostra vita a quella degli altri e non pensate che la vita degli altri sia migliore della vostra. Io ho fatto questo errore: ero ossessionato dal fatto che gli altri avessero una vita bella e io no, che loro fossero più fortunati ed io non abbastanza. La verità? La vita la creiamo noi, come decidiamo noi e come vogliamo noi. La maggior parte delle volte veniamo frenati dalla paura di non essere abbastanza: non ho una vita sociale perché non sono come gli altri! Ma cosa vuol dire? Come sono gli altri? Cosa fanno nella vita? Fanno qualcosa che ti piace? Bene allora cerca di studiarli, di attingere da loro le qualità migliori, di porre loro qualche domanda, di condividere con loro esperienze e pratica con loro qualche attività. Esistono molte più persone comprensive ed empatiche di quanto tu possa pensare. Ma non bisogna avere paura!
Conoscete ed acquisite competenze. La fame di conoscenza mi ha fornito ulteriore supporto nel momento in cui mi son trovato senza una sicurezza fondamentale: cosa avrei voluto fare nella mia vita. Ho deciso allora di iniziare a formarmi in diversi ambiti, ad acquisire per lo meno le competenze base per affrontare un determinato lavoro o risolvere semplicemente un problema quotidiano. Ho iniziato a fare, sbagliare e poi rifare nuovamente fino a quando non ero soddisfatto del livello raggiunto. Cercavo sempre la novità e in essa trovavo la motivazione giusta per andare avanti ed acquisire sicurezza. Quando meno me lo aspettavo, ho trovato la risposta a tutto. Sapevo cosa sarei voluto essere. Sapevo come fare per essere quello che avrei volto essere. Occorre essere affamati di conoscenza. Occorre anche essere un po’ folli. Occorre trovare ogni giorno un motivo valido per sopravvivere, anche quello più impensabile. Sarà proprio in quel momento che vi porterete ad un livello superiore di fiducia e consapevolezza! Fate nuove esperienze, scrivete a persone che non conoscete per nulla, esplorate nuovi stati d’animo. Insomma fate qualcosa, ma fatelo.